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Scoperchiare i tombini!


Appare come un lampo…è una sorta di groviglio interiore fra l’indignazione e l’improvviso e purificante desiderio di far sapere… di sputare il rospo, di vomitare il nostro sdegno.

Una miscela esplosiva che fa trasalire il nostro orgoglio sopito e ci rende refrattari alla paura…al chissà poi cosa succede…!

Si arriva spesso ad un’età, non uguale per tutti, perché ognuno di noi ha il suo percorso, nella quale si volge lo sguardo dietro a se e si fa un bilancio della vita, della propria vita e ci si rende conto di quanti e quali compromessi, non sempre leciti, per mantenere un posto di lavoro, si è stati costretti a sopportare, a subire.

Siamo nati in un’era prettamente capitalista, oggi turbo capitalista da sfociare in un ipertrofico liberismo, nella quale ci hanno insegnato che il lavoro è dignità e quindi libertà economica ed anche intellettuale…ma è forse stato così?

Almeno per molti di noi…certamente no!

Ma voglio spiegarmi meglio: è chiaro che non è mia intenzione mettere in discussione il nostro sistema paese, la nostra democrazia basata su un principio costituzionale chiaro che mette il lavoro in cima ai doveri ed anche ai diritti della popolazione, dei cittadini… e già qui si aprirebbero crepe profonde nel pensiero del lavoro come valore per altro fondante nella e della nostra costituzione..

Se, infatti, ci mettessimo a discutere dell’etica del lavoro del recente passato e dell’oggi, credo che la dignità dei lavoratori sia stata semplicemente relegata a puri discorsi accademici in bilico fra sociologia ed antropologia.

Non siamo schiavi nel senso letterale del termine come un tempo… certo, ma siamo semplicemente schiavi moderni, poiché per la necessità di un lavoro siamo stati spesso costretti a chiudere gli occhi ed a tappare le orecchie.

Quante faccende, per così dire, scabrose, particolari, imbarazzanti, per scendere poi nei meandri più insidiosi del :” E’ meglio che non parlo”…avete vissuto e vivete tutt’ora?

Quanto è banalizzante, ma nello stesso tempo pregnante di significato, il famoso modo di dire…”Ah… se i muri potessero parlare!”

Semplicemente perché quel “maledetto” lavoro, per la maggior parte di noi “normali” cittadini è necessario per sopravvivere, per potersi togliere qualche soddisfazione dalla vita….sì…ma a quale prezzo?

Quanti rospi siamo disposti ad ingoiare?

Quante porcherie, inganni e soprusi a danno di gente come noi… vediamo scientificamente e quotidianamente perpetrare?

Cosa succederebbe se qualche infermiere, qualche dottore, un avvocato, un politico, un ingegnere, un bancario, un dirigente d’azienda, un chimico o comunque chiunque in qualsiasi ambito lavorativo improvvisamente si volgesse indietro e dicesse sic et simpliciter: ”Adesso basta!”

In una sorta di catarsi da “Quinto Potere”…!

Vi ricordate quel film nel quale il protagonista, un giornalista, Howard Beale, impersonato in modo magistrale dall’attore Peter Finch stava per essere licenziato perché l’indice di ascolto della sua trasmissione era ormai sceso ai minimi termini, vi ricordate cosa fece nella trama di un film rimasto nella storia?

Ottenne di fare un’ultima trasmissione in diretta nella quale ebbe l’intuizione, forse per non avere più nulla da perdere (nella storia del film aveva perso la moglie da poco tempo), forse in un impeto d’orgoglio del vecchio leone, di scardinare ogni ortodossia giornalistica e trasmettere in diretta una frase co la quale, senza preavviso, annunciò che entro una settimana si sarebbe suicidato!

Apriti cielo…il protagonista venne licenziato immediatamente, ma chiedendo, in seguito, di poter spiegare in un’ultima trasmissione in diretta il motivo della sua decisione, ottenne un’altra possibilità.

Una possibilità che il nostro attore colse rincarando toni ed argomenti, esaltando una liturgia di improvvisa denuncia verso il sistema nauseabondo e corrotto e novello censore concepì frasi ad effetto come la famosa: “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più”.

Morale fu che, nella trama del film, questo atteggiamento del giornalista fece salire gli ascolti, a tal punto che, gli ingordi proprietari, si resero conto che attraverso quell’atteggiamento da rivoluzionario, condito da un lessico sboccato e diretto, stavano lievitando i loro ascolti, quindi i loro guadagni, perciò perché fermare quella trasmissione nuovamente di successo…no non era più né possibile né “intelligente” farlo.

Gli spettatori aumentavano perché la gente stava credendo di sentire un messia…di ascoltare delle verità!

Non voglio svelarvi (per chi non lo avesse visto) come la trama proseguì in quel straordinario esempio di cinematografia illuminata diretta da un maestro del cinema come Sidney Lumet.

Il film è una metafora, una spietata parodia del mondo dello spettacolo, ma proprio per questo aiuta il nostro ragionamento.

Infatti provate a pensare, se quei personaggi veri della vita quotidiana, che noi tutti incontriamo nella nostra vita, improvvisamente facessero propria quell’ operazione di purificazione interna chiamata catarsi, quindi liberazione delle impurità dell’anima e cominciassero a parlare, a denunciare…quello che hanno visto e quello che sanno!

Probabilmente oltre a sentirci tutti meglio, attraverso un senso di liberazione del nascosto e sottaciuto, misto ad un rinnovato orgoglio, potremmo davvero provare a cambiare il mondo che ci circonda scoperchiando i tombini degli inganni e delle menzogne, facendo uscire tutto il fetore di fogna dei nostri più inenarrabili segreti.

Segreti che noi stessi alimentiamo conniventi di un sistema coercitivo ed alienante che obbliga per uno straccio di lavoro a stare zitti, supini e ligi al dovere di “servire” i nuovi padroni di questa funesta era moderna post crisi.

Una crisi indotta e perpetrata scientificamente (appare evidente a questo punto) per riformare una nuova fase di controllo delle maestranze attraverso la precarizzazione e dunque la paura di non farcela nel quotidiano.

Trovare il coraggio di liberare il nostro scomodo vissuto significherebbe forse ritrovare un pizzico di quella dignità che dovrebbe essere il cardine di un’etica del lavoro e quindi della vita di tutti noi che non esiste più…o se esiste è ad appannaggio di pochi settori e protagonisti.

Attenzione però…la denuncia rappresenta un rischio ed un costo sociale, sempre, bisogna esserne consapevoli.

Si può essere additati come degli ingrati, come dei giuda, come dei presunti paladini di giustizia sommaria e subire di contrappasso accuse di affermare e di denunciare per puro protagonismo, per interesse e non solo.

Si può essere accusati di essere reazionari, di andare contro il progresso, di svelare segreti inconfessabili che fanno parte della professione che si svolge…!

Deontologia professionale…così la chiamano, oppure segreti d’ufficio, quante volte in nome, ad esempio, della ragion di stato (quale stato mi verrebbe da dire) ci sono state dette menzogne o mezze verità?

Quante volte le corporazioni, le caste, le lobbies, i servizi segreti, hanno tramato in segreto a favore di pochi e contro i tanti?

Populismo?

No signori…questo è realismo…basta informarsi, leggere le notizie attraverso la saggia pratica della rassegna sistemica, leggere i libri più nascosti fra gli scaffali dei giornalisti liberi di coscienza (ci sono), per scoprire quante bugie costellino il nostro quotidiano, di cui noi stessi ne siamo partecipi ed attori.

E provare a cambiarlo questo registro, questo comodo cliché?

Come novelli Don Chisciotte…alla ricerca della nostra…di denuncia…di dignità.

Parlate amici miei….parlate!

#DONCHISCIOTTE #LOBBYES #SYDNEYLUMET #PETERFINCH

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PUBBLICAZIONI

Il Respiro dell'ignoto

Editore: Gruppo Albatros Il Filo
Collana: Nuove voci
Anno edizione: 2015
Pagine: 98 p. , Brossura
EAN: 9788856775341

 

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